La fratellanza, il coraggio e la fede dei canti partigiani

La fratellanza, il coraggio e la fede dei canti partigiani

-di ILARIA COLETTI-

Per cercare di rendere tutti partecipi della mole di documenti interessanti e importanti che la nostra Fondazione conserva, oggi ho deciso di curiosare tra le carte del Fondo di Lamberto Mercuri e riportare alla luce delle pagine, che più che essere fondamentali dal punto di vista storico, ci raccontano di un tempo in cui la fratellanza, il coraggio, la fede nella causa erano tutto. Si tratta di un fascicolo anonimo curato dalla Sezione Stampa ʺSergioʺ della sesta zona operativa e pubblicato dalla Tipografia Bozzo & Coccarello di Genova dedicato ai canti partigiani, di cui si sa unicamente che è stato scritto in zona partigiana nel dicembre del 1944, come è annotato alla fine del documento.

Emozionanti le parole che precedono i canti partigiani perché testimoniano un sentimento, uno stato d’essere che ormai sembra scomparso. Lo stare insieme, raggruppati attorno al fuoco, semplicemente cantando genera gioia perché si è coscienti di essere uniti, in questi tempi bui, per una giusta causa, per la libertà, per l’Italia. E i canti rafforzano questa fede dando speranza a chi li intona e a chi li ascolta.

 

Se ancora dell’Alpi tentasser gli spalti il grido d’allarmi sarà Garibaldi 

Dopo la riunione serale, cantiamo. A tratti dal buio e dal fumo esce una faccia illuminata dal fuoco, una faccia giovanile con il pizzo biondo, alla quale la vita partigiana ha dato un senso di serena fierezza e di responsabilità; appaiono vicine altre, simili facce: s’uniscono al canto. Fin dai primi tempi, questa è l’ora più bella della giornata. Di rado c’è il vino, né si canta per far passare la nostalgia: non è fatta di questo la vita partigiana che consiste nel camminare, nel fare azioni, nell’eliminare intorno e dentro di sé ogni residuo di fascismo diventando liberi, eguali, coscienti moralmente e politicamente; e non c’è posto per l’amore come accadeva agli altri garibaldini, quelli del Risorgimento, perché la nostra lotta è troppo seria e ha bisogno oltre che delle armi di un continuo rigore cospirativo. Si canta tutti insieme nel casone seduti in due tre file attorno al fuoco, presso le armi, sotto le calze che asciugano, e la contentezza nasce appunto dal sentirsi così uniti: dopo tanti anni in cui gli italiani sono stati divisi dal sospetto sotto l’oppressione fascista, essi si sono ritrovati insieme nel movimento popolare partigiano per combattere invasori e traditori, salvando l’Italia; senza distinzione di partiti, di fede, di origine sociale essi hanno creato una nuova vita dormendo sulle stesse foglie, dividendo in parti uguali la ʺpattonaʺ e le responsabilità della banda; anche i piccoli dissensi della giornata si sciolgono in quel canto e i cuori sono pieni della stessa gioia.

Sul ritmo di vecchie canzoni antifasciste ed alpine (e anche questo è naturale per la somiglianza che c’è tra la vita alpina e quella partigiana, per il fatto che reparti interi di alpini hanno disertato passando nelle nostre file e perché antifascista è sempre stato il sentimento delle canzoni alpine, come di quella della ʺJuliaʺ proibita dai fascisti) e su nuove cadenze sono nati i canti partigiani.

Alcune delle voci che le intonavano con noi, tra le più coraggiose e oneste, si sono taciute. Quando tutti insieme, dopo la riunione serale cantiamo, ci pare che tra le nostre voci unite ci siano anche quelle: pure e serene esse sostengono il nostro canto, gli danno la certezza della prossima liberazione.

Zona partigiana, dicembre 1944

 

 

CON LA GUERRIGLIA

E noi farem del monte un baluardo

Saprem morire e disprezzar la vita:

per noi risorgerà la nuova Italia

con la guerriglia.

 

Per le vittime nostre invendicate

Per liberar l’oppressa nostra gente

Ritorna sempre invitto nella lotta

Il patriota.

 

Il nostro grido è: ʺlibertà o morteʺ

Sull’aspro monte ci siam fatti lupi:

al piano scenderem per la battaglia

per la vittoria.

 

Famelici di pace e di giustizia

Annienterem fascismo e tiranni,

rossi di sangue e carichi di gloria

nel fior degli anni.

 

Ai nostri monti scaverem la fossa,

sulle rupestri cime sarà posta;

per lor risorgerà la nuova Italia

con la guerriglia.

 

 

CANTO DELLA ʺCICHEROʺ

Partigiano,

una fede ci lega e c’infiamma,

alza al vento la rossa orifiamma,

come falchi dal monte sul piano

noi caliamo e giustizia sarà.

 

Partigiano,

nudo e scalzo nel gelido vento,

riscaldato da un fervido amore,

a vendetta discendi, il lamento

del tuo popolo pronto a lenir.

 

Partigiano,

cosa importa se il pianto e la morte

ci separan dai figli: la sorte

è una sola ma grande, ed il canto

uno solo: ʺgiustizia saràʺ.

 

Partigiano,

siam legati da un vindice ardore

contro il barbaro sangue nemico,

se io muoio m’abbraccia un amico,

vita e onore son vivi per te.

 

Partigiano,

il compagno che muore è uno solo:

diecimila il suo posto vorranno;

se anche mille a quel posto cadranno

una fede immortale vivrà.